Nato a San Michele Salentino (BR) negli anni Venti, dalla seconda metà degli anni Cinquanta espose a mostre nazionali ed internazionali, tra cui la Quadriennale di Roma nel 1955 (esperienza che si ripeterà anche per la VIII e IX edizione della rassegna) e la XVIII Biennale di Venezia nel 1956, proponendo opere di linguaggio figurativo, con riferimenti non estranei alla statuaria di Arturo Martini e Marino Marini. In sintonia con il dibattito in corso tra figurativo e astratto, stimolato dai circuiti artistici ed espositivi, sul finire degli anni Cinquanta si orientò su ricerche decisamente astratte. Per Carlucci, materia, forma, spazio e luce si tramutarono in opere plastiche, realizzate in un primo momento con il legno, sostituito poi da materiali della civiltà tecnologica di produzione industriale come il rame, l’ottone, le lamine metalliche lucenti. Verso la metà degli anni Sessanta le sue indagini, aderenti alle tendenze attuali, miravano a raggruppare pittura, scultura e architettura. In quegli anni partecipò a diverse esposizioni nazionali ed internazionali quali il padiglione italiano dell’Expo Universale di Montreal nel 1967, e l’Expo Universale di Osaka, nel 1970, nel padiglione della Comunità Economica Europea. Sul finire degli anni Settanta e nei primi Ottanta, Cosimo carlucci realizzò le Exuviae. La proposizione figurativa designa la ripresa di modelli antropomorfi, orientati alla poetica del frammento e al rimando simbolico, nel recupero della materia nobile e duratura come il bronzo. La modellazione dei sinuosi lacerti metallici, dalle forme femminili concave e convesse, prevede la compresenza di superfici levigate e specchianti su un verso e grezze e scabre sull’altro come cortecce d’ulivo. Proprio quell’anno, per il legame radicato con la sua terra d’origine, l’artista salentino donò cinquantanove opere realizzate tra il 1958 ed il 1981, che ripercorrono le diverse ricerche intraprese nel corso della sua produzione, conservate ed esposte al MUST.
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Ex Convento di Santa Chiara
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